Di quando Walt Disney e Salvador Dalì si incrociarono per… Destino.
Li conosciamo bene, li abbiamo visti, rivisti, nominati, incrociati per sbaglio o volontariamente. Stiamo parlando di due tra i più grandi artisti esisti in epoca contemporanea e di cui non smetteremo mai di fruirne le opere.
Quando si conobbero, Disney e Dalì (curioso anche il modo delizioso in cui suonano i loro cognomi letti assieme) compresero immediatamente che tra loro esisteva quella che Goethe avrebbe definito una affinità elettiva. Mentre Walt Disney diceva che “se puoi sognarlo puoi farlo”, Salvador Dalì nel 1944 – anni terribili per la storia mondiale – scovava della bellezza nelle sue esperienze di vita, e al suo amico André Breton diceva “sono venuto a Hollywood e ho incontrato tre grandi surrealisti americani: i fratelli Marx, Cecil B. De Mille e Walt Disney”.
Pur essendo considerato il portavoce di un’arte alta, Dalì desiderava essere riconosciuto come un artista popolare. Allo stesso tempo, l’arte popolare di Disney era influenzata dall’arte alta e Walt sognava che gli fosse riconosciuta la stessa dignità”
Ciò affermava uno dei biografi di Disney nel raccontare dello strambo incastro tra geni che, per molti anni, non ha visto luce né colori. Una serie di avvenimenti infatti non permise ai due di portare ad una conclusione un’opera speciale. Dalle loro menti nacque l’idea di un film d’animazione (materia del primo D), che ruotava attorno a una ragazza innamorata e desiderosa di raggiungere un amante – per sua natura sfuggevole -: il tempo (decisamente materia dell’altro D). Per coronare finalmente il suo sogno d’amore, la protagonista doveva passare indenne attraverso spazi onirici e surreali.
La meraviglia, però, come spesso accade con le cose belle, finì nel dimenticatoio.
Fu solo per un caso che Roy Disney, nipote di Walt, mentre si scervellava nel tentativo di realizzare il sequel di Fantasia, scovò qualcosa di speciale nel seminterrato degli studios Disney. Questo luogo angusto e pieno di fantasmi, era chiamato dai dipendenti “The Mogue” (ovvero: l’obitorio; divertente, no?) e lì giacevano tutti i progetti bloccati nel tempo per qualche motivo. Roy si imbatté così in quei venti secondi nati dall’incontro tra D e D, e ne comprese la straordinaria potenza. Per fortuna Roy non fu l’unico a credere nel progetto: il quasi novantenne John Hench, artista e designer che era stato il cupido di Disney e Dalì negli anni precedenti, accorse in aiuto senza pensarci due volte.
Il cortometraggio incantò tutti e si guadagnò una nomination agli Oscar nel 2003.
Sì, in questo modo l’antico vaso è stato portato in salvo (tanto di cappello!), ma la vittoria più speciale sta nella conquista dell’eternità di un viaggio incredibile senza tempo né spazio.
Buona visione!