Neon Genesis Evangelion, Etica delle relazioni e struttura del mito a cura di Aldo Pisano. Etica e struttura delle relazioni in Neon Genesis Evangelion | Parte 6
Il quinto e penultimo livello è quello delle relazioni strette, che sono di tipo informale ed esclusivo. Questo significa che chi entra a far parte di questo livello relazionale lo è o (a) naturalmente o (b) artificialmente. Questo livello coinvolge tutte le persone che sono maggiormente vicine all’io, quindi il riferimento corre automaticamente alle relazioni parentali, dunque al rapporto con i genitori, con fratelli e/o sorelle; anche se il rapporto con la figura paterna, secondo il modello psicoanalitico, di fatto non è contraddistinto da un livello profondissimo di naturalità, quanto da uno a cavallo fra il naturale e l’artificiale. Di fatti, mentre con la madre, il figlio o la figlia, intrattiene un rapporto determinato naturalmente da un legame di tipo biologico, diversamente avviene con il padre. Con questi, infatti, la forma della relazione è di tipo simbolico [1], necessario alla costruzione di quell’universo relazionale e sociale che, stando alla fig. 1, muove dal quinto livello in su. E quei rapporti sono tutti di genere artificiale, legati al riconoscimento sociale. Chiaramente fra questi va inclusa la relazione di tipo sentimentale, la quale si colloca anche in questo penultimo cerchio e che ne entra a far parte per una progressione che dal cerchio esterno porta verso quello interno, in base al potenziamento dei meccanismi di fiducia. Ora, su questo livello, seppure alcuni rapporti siano “naturali” questo non significa che essi godano immediatamente di una grande intensità, anzi possono variare in maniera quasi rapsodica da un minimo ad un massimo, definendo forme di relazione conflittuale fortissima con le figure di riferimento rispetto alla formazione dell’io. Allo stesso modo, questo aumento graduale dell’intensità – che come si diceva passa attraverso la forma del conflitto – determina forme di dipendenza necessarie per i processi di identificazione. In questa sede non è possibile discutere tutte le tipologie di relazioni presenti all’intero del nucleo familiare, il che porterebbe la discussione sull’impervio terreno della psicoanalisi, e così accadrebbe affrontando la relazione sentimentale, se si pensa alla teoria di selezione del partner per corrispondenze con il modello genitoriale. È bene, però, attenersi al filtro dell’etica delle relazioni, procedendo con ordine e contestualizzando il tutto a Neon Genesis Evangelion.
(I) Partendo dalle relazioni assolutamente artificiali, quindi quella con il partner, è molto interessante il modo in cui Evangelion proponga un modello di affinità basato proprio sulla reciproca fiducia e conoscenza intima fra i soggetti coinvolti. Innanzitutto, però, c’è da dire che la preponderante presenza di artificialità tecnica nella serie viene controbilanciata proprio da una sostanziale presenza di allusioni erotiche e di riferimenti diretti ed espliciti alla corporeità [2]. Perché il corpo, quello umano – quello con cui il soggetto stabilisce le relazioni con gli altri e con se stesso, quello da cui prendono le mosse i processi di identificazione [3] – diviene una sorta di antagonista (positivo) della predominanza del robotico e dell’artificiale. Allora, il modo in cui il disegnatore ritrae la signorina Misato Katsuragi in posizioni esplicitamente erotiche (gif 4), non sono solo parte di una tradizione tipica del manga giapponese, quanto anche esprimono una necessità di relazione fisico-biologica.
Questo incontro con il corpo, soprattutto con il corpo dell’Altro, in Evangelion propone due differenti linee tematiche: (a) quella sopra enunciata, in cui il corpo diventa il contro altare necessario all’iper-tecnica, quindi ciò in cui si ritrova in senso primario e naturale l’essenza dell’uomo e (b) ciò che determina l’approfondirsi della relazione con l’Altro, tale da far sì che questo possa sempre di più essere inglobato nell’intimità dell’Io. Nel primo caso (a) basti solo pensare alle tempeste ormonali che si manifestano tra i compagni di scuola di Shinji, che guardano ai corpi delle ragazze anche con apprezzamenti del tutto espliciti (talvolta sessisti). Nel secondo caso (b) la nudità, sintomo di intimità, diventa il modo in cui le essenze dell’io entrano a contatto e se effettivamente una tale “messa a nudo” risulti essere sconveniente o meno. Infatti, la nudità del corpo è simbolicamente espressiva dell’intimità dell’io, della sua forza, della sua autostima. Ci sono diverse scene in cui il senso della nudità diviene il manifestarsi esterno dell’interiorità del personaggio. In una delle prime puntate del film, Shinji – ospite della signorina Misato (sua tutrice) – “inavvertitamente” esce dal bagno completamente nudo, in una scena che è in realtà una gag comica, ma che rivela il chiaro imbarazzo del personaggio nel sapersi nudo. Fin qui nulla di strano, in fondo chi non si sentirebbe in imbarazzo? Eppure questa scena può essere esplicativa per due motivi: il primo è che la signorina Misato rimane imperturbabile, senza dire nulla a Shinji del fatto che sia completamente nudo e continuando a bere tranquillamente la sua birra; il secondo è che il protagonista inizia ad entrare in una dimensione sociale più ampia e nuova di quella a cui era abituato, adesso c’è un altro di cui tenere conto che entra a far parte di una spazialità condivisa.
Shinji, in qualche modo, deve imparare a convivere, a vivere insieme all’altro e questo costituisce un primo passaggio importante per lo sviluppo del personaggio. Tanto che, nel settimo episodio, Shinji inizia a lamentare con i suoi compagni di classe alcuni atteggiamenti non condivisibili della signorina Misato. Infatti, mentre i suoi compagni, innamorati della bellezza della sua coinquilina, ne elogiano le “grazie”, Shinji di contro risponde elencando tutta quella serie di atteggiamenti che ne mostrano sfaccettature diverse, che al livello delle relazioni più esterne la signorina Misato non fa trasparire. Al che, il suo compagno di classe Kensuke Aida risponde: «Ti fa vedere lati della personalità che a noi non mostrerebbe mai. Questo vuol dire che voi siete una famiglia».
Questa affermazione denota ciò che si diceva in precedenza, quindi lo stabilirsi di alcune ritualità di passaggio da un certo livello di relazione ad un altro, come ad esempio la coabitazione o la convivenza in cui si passa da un livello IV di relazioni ad un livello V.
Un altro momento in cui la nudità entra in gioco – a parte il continuo ritrarsi di uno Shinji nudo, che denota e connota la volontà di preservare la propria intimità psichica – è quella dell’incontro con Rei Ayanami. Da questa ragazza Shinji pare essere palesemente ammaliato, con lei costruisce un rapporto simbiotico, una relazione forte come si accennava in chiusura della trattazione sul IV livello di relazione. Nel quarto episodio, Shinji si reca a casa di Rei e, trovando la porta aperta, decide di entrare per lasciare alla sua collega il nuovo tesserino per accedere alla NERV. Avviene, però, che Rei si trovi uscendo dalla doccia seminuda e, mentre Shinji si trova in una situazione di fortissimo imbarazzo, lei continua normalmente le sue attività svestendosi dell’accappatoio e vestendosi dell’uniforme scolastica: tutto di fronte al povero Shinji che, tra l’altro, poco prima le era caduto addosso in una scena altamente intima. Rei mostra se stessa tranquillamente, non si sente a disagio, Rei è fortemente autoconsapevole di se stessa, determinata, sicura e non si sente minimamente in imbarazzo.
Ecco che allora, qui la “messa a nudo” non diviene faticosa, né tantomeno genera nella ragazza un ritrarsi immediato dalla condizione. Si è incontro, probabilmente, a una dimensione dell’intimità non problematica, che non ha paura di rivelare se stessa. Infatti, nonostante Rei e Shinji siano entrambi due tipi molto introversi, la prima possiede una sicurezza quasi da automa, il secondo si mostra profondamente insicuro. Di fatto, però, in entrambi emerge un forte senso di insicurezza, solo che Rei, a differenza di Shinji, ha già compiuto un viaggio introspettivo e lo dimostra nel potente monologo che apre l’episodio 14:
«Io sono me stessa. Questo corpo costituisce il mio essere, la forma che definisce il mio essere. Il mio io visibile, che però non percepisco come il mio io. Strana impressione. Sento come il mio corpo disciogliersi. Non riesco a distinguere me stessa. La mia forma va dissolvendosi. Avverto presenze esterne al mio io. C’è qualcuno là fuori, al di là della soglia?»
Continua…
- Per quanto riguarda il rapporto dei figli con le figure parentali, esso costituisce un tema trasversale all’opera dei principali autori di riferimento della psicoanalisi: Freud, Jung, Lacan, Adler. Ad esempio, guardando all’opera freudiana da L’interpretazione dei sogni (1900), passando per Totem e tabù (1913), fino ad arrivare a Il tramonto del complesso edipico (1924), il tema della relazione padre-figlio costituisce un leitmotiv che percorre l’intera teoria psicoanalitica. Chi scrive ringrazia Ivan Rotella per le suggestioni in proposito.
- Per approfondire si veda: I., Crispini, (2004) «Tra corpo e anima». Riflessioni sulla natura umana da Kant a Plessner, Marsilio, Venezia. Qui, in riferimento all’antropologia filosofica, prendendo le mosse dalla distinzione kantiana fra uomo fisiologico e uomo pragmatico. M., Pellitteri, Giappornologie. Passionali multisensorialità del manga e nuove frontiere della nippomasturbazione, in M., Ghilardi, (2010) Filosofia nei manga … op. cit., pp. 65-96. Qui in riferimento alla degenerazione della sessualità in Giappone, sempre in riferimento all’avvento dell’iper-tecnica.
- La questione del corpo e del processo d’identificazione trova un importante riferimento nello stadio dello specchio di Lacan, qui infatti il bambino avvia una dinamica di ricostruzione unitaria dell’io prendendo visione del proprio riflesso nello specchio. Questa idea – che si rifà pienamente al rapporto freudiano tra “ideale dell’io” e “io ideale” – mostra la forte rilevanza che assume la percezione fisica, per la successiva costruzione dell’identità: «Si potrebbe dire grossolanamente che il volto rappresenta la metà dell’immagine umana tanto che la legislazione italiana (almeno allo stato attuale) impone che sia riprodotto fotograficamente sui documenti di riconoscimento, al contrario delle altre caratteristiche corporee che possono essere omesse» [F. Palombi, (2009) op. cit., p. 89].