Ma quanto ci piaceva Matrix?
All’alba del nuovo millennio tutti conoscevano/citavano/si comportavano come se fossero dentro Matrix. La fascinazione nasceva sicuramente dalle tematiche cyberpunk affrontate, che ben si sposavano con l’interesse sempre più diffuso nei confronti dell’informatica. Per noi che al massimo disegnavamo simboli fallaci su Paint, vedere tizi vestiti di nero che battendo forte sulla tastiera riuscivano a crackare banche e FBI aveva sicuramente una certa attrazione.
Ma non c’era solo questo in The Matrix (sì, in Italia ci siamo persi l’articolo. Ma in compenso ci abbiamo guadagnato un Luca Ward sospirante su Keanu Reeves). La pellicola infatti shakerava per bene tutta una serie di influenze, cinematografiche e non, che spiazzavano dal già citato cyberpunk gibsoniano, alle filosofie orientali insaporite da spunti cristologici, il tutto condito da una bella spruzzata di mazzate uattà alla maniera dei vecchi film di arti marziali di Hong Kong (il coordinatore delle scene di lotta non a caso era Yuen Wo Ping, vera e propria leggenda del genere).
Dall’oriente le sorelle Wachowski non presero però soltanto le botte e le acrobazie da gongfupian , ma anche le sparatorie, i rallenty e la coolness dei film di John Woo. Rallenty che, oltre ad essere un termine del tutto inventato dalla lingua italiana, venne completamente rivisitato con quella figata che poi divenne famosa come bullet time, un effetto speciale ripreso non soltanto da tutti gli action hollywoodiani successivi ma anche dai videogame (qualcuno ha detto Max Payne?).
Per quanto riguarda le movie references Matrix risulta quindi un caso particolare. È una pellicola che, da una parte, attinge a piene mani da quanto avvenuto prima ma, allo stesso tempo, incide profondamente su tutto ciò che verrà dopo, segnando indelebilmente la cultura pop.
Al pari di quanto aveva fatto il primo Star Wars (Guerre Stellari per gli amici vintage) 20 anni prima, rimescola stilemi, inquadrature e intuizioni già esistenti, riuscendo però a dargli un senso coerente ma soprattutto una veste appetibile e “nuova”.
Tutto in Matrix ha fatto tendenza: il modo di vestire, gli occhiali da sole, le frasi (“Conosco il Kung Fu”), i termini (il cui significato è stato distorto da persone con una scarsa vita sessuale), perfino lo scassatissimo Nokia 8110 usato nel film divenne oggetto di culto, nonostante la sua caratteristica più avveniristica fosse l’apertura “a banana”.
Un film diventato così iconico che non soltanto è stato anche lui “vittima” dell’attuale moda hollywoodiana di riportare in vita vecchi franchise (non a caso il, metatestualissimo, quarto film si intitola Matrix Resurrections) ma che lo stesso Keanu Reeves si è sentito in dovere di citare pari pari anche nei panni dell’inarrestabile John Wick, protagonista della saga action creata da quel Chad Stahelski che era stata la controfigura di Reeves proprio nella trilogia di Matrix. Già, proprio un bel deja vu.
Rubrica in collaborazione con @movie.references